Fibrosi Cistica: “A un metro da te”
- Irene Passalacqua
- 17 nov 2020
- Tempo di lettura: 2 min

La fibrosi cistica (FC) è un‘infezione che colpisce principalmente le vie respiratorie. È inoltre definita “patologia multiorgano”, poiché ostruisce il pancreas e gli impedisce di svolgere il suo normale compito: gli enzimi pancreatici non riescono ad arrivare all’intestino così causando una non assimilazione dei cibi e rendendo impossibile il processo di digestione.
Tale patologia è dovuta ad una mutazione del gene CFTR , esso determina un’incontrollata produzione di muco molto denso, il quale causa le infezioni respiratorie.
La malattia si manifesta dal momento che vengono ereditate due copie mutate del gene CFTR, una da ciascun genitore.
La proteina CFTR ha il compito di regolare il movimento del cloro seguito da quello dell’acqua dall’interno verso l’esterno delle cellule epiteliali delle ghiandole mucose.
Quando la proteina CFTR non svolge una corretta funzione avviene una carenza di acqua e di cloro nelle secrezioni. Tali secrezioni, impoverite, ristagnano e provocano l’ostruzione degli organi interessati fino ad una destrutturazione del tessuto.
In italia si stima soffra di FC di 1 ogni 25/26 persone.
“A un metro da te “

Perché chi affetto da FC non può stare l’uno vicino all’altro?
Una persona affetta da FC è più esposta al rischio di contrarre infezioni rispetto ad una persona sana.
Ia forte carica batterica presente nell’organismo di un individuo malato attacca in maniera progressiva l’organismo rendendolo sempre più debole. Tali batteri vengono inalati, sopravvivendo nel tratto bronchiale e causando infiammazioni dell’apparato respiratorio. Dunque due persone affette da FC devono, al fine della propria sopravvivenza, evitare un contatto ristretto, poiché se ciò non avenisse il rischio di contrarre infezioni sarebbe troppo elevato.
Il film “A un metro da te” ritrae la storia di due ragazzi entrambi affetti da FC , ma innamorati l’uno dell’altra.
Non possono stare insieme a causa della loro malattia. Non possono abbracciarsi, baciarsi, tenersi per mano, perché la malattia non glielo permette. Ma ciò nonostante riescono a trovare un modo per sentirsi vicini.
È una storia che dovrebbe far riflettere sugli affetti più cari, su ciò che abbiamo e su ciò che gli altri non hanno mai avuto e che noi, abituati ad avere diamo per scontato.
In un periodo in cui si sta vivendo una pandemia, molti di voi non hanno la possibilità di abbracciare un parente e per questo si può soffrire molto.
Molti hanno perso persone care, mentre altri sono rimasti da soli.
Vi invito a riflettere sulla vita, sui momenti che date per scontati e che un giorno non ci saranno più.
Quando avete voglia di fare qualcosa o di vedere qualcuno, di scrivergli, di parlargli, voglia di qualsiasi cosa, fatela. Sempre.
Non fermatevi mai.
Godetevi i momenti o quantomeno provateci al massimo delle vostre forze. Senza lamentarvi, ma reagendo.
Siate lì quando qualcuno ha bisogno di voi e non giudicate senza aver vissuto davvero ciò che gli altri hanno vissuto.
“A volte sacrificarsi per la persona che ami è la cosa che ti ha reso più felice nonostante il rischio”
Irene Passalacqua
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